La storia della pizza Margherita


 
La regina delle pizze è la pizza della regina: la margherita si chiama così in onore di Margherita di Savoia. Ma esisteva già e non è stata inventata per la delizia dell’augusto palato, come in genere si racconta. Il colpo di genio di Raffaele Esposito, ovvero il pizzaiolo accreditato dell’invenzione, non sarebbe stato quello di aver creato dal nulla una pizza nuova, ma di aver risposto «margherita»– ovvero lo stesso nome della regina – alla domanda su come si chiamasse quella i cui tre colori (verde del basilico, bianco della mozzarella, rosso del pomodoro) richiamavano la bandiera italiana. La leggenda narra che il suddetto Raffaele Esposito, cuoco della pizzeria Pietro… e Basta Così (fondata nel 1780, ancor oggi esistente con il nome di pizzeria Brandi) nel giugno del 1889 fosse stato chiamato da un funzionario della real casa nella reggia di Capodimonte, dove si trovavano in vista il re d’Italia, Umberto I, e sua moglie, Margherita di Savoia.
 
Raffaele Esposito cucina a corte
Il buon Esposito prepara tre pizze diverse e la regina dichiara di apprezzarne in particolar modo una, cioè quella che sarebbe diventata la margherita. A incoronare Raffaele Esposito re dei pizzaioli ci sarebbe poi una lettera, datata 11 giugno 1889, firmata da certo Camillo Galli, capo dei servizi di tavola della real casa: «Le confermo che le tre qualità di pizze da Lei confezionate per Sua Maestà la Regina vennero trovate buonissime.» La lettera è esposta alle pareti della pizzeria Brandi, di Salita Sant’Anna di Palazzo. Neppure quest’istituzione storica è stata risparmiata dalla crisi e proprio pochi giorni fa ha annunciato di chiudere a mezzogiorno e di mettere in cassa integrazione una parte dei dipendenti. Da quel 1889, tutte le volte che la regina Margherita tornava a Napoli avrebbe sempre invitato a palazzo Esposito che pigliava gli attrezzi del mestiere e si avviava assieme alla moglie con un biroccino verso la reggia dove preparava la pizza tanto apprezzata dalla sovrana.
Fin qua probabilmente è tutto vero: Raffaele Esposito sarà senza dubbio stato il miglior pizzaiolo di fine Ottocento e avrà senz’altro fatto innamorare la regina della pizza che da allora in poi avrebbe portato il suo nome. Ma è altrettanto certo che quel modo particolare di preparare la pizza non l’ha inventato lui.
 
Ma la pizza con mozzarella e pomodoro esisteva già
Nel libro di Francesco De Bourcard, Usi e costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti, pubblicato nel 1858, quando la città sarebbe stata ancora per due anni la capitale del regno delle Due Sicilie, è descritta una pizza con la mozzarella e il basilico: «Altre [pizze] sono coperte di formaggio grattugiato e condite collo strutto, e vi si pone disopra qualche foglia di basilico. Si aggiunge delle sottili fette di mozzarella.» Il pomodoro viene dato come opzionale: «talora si fa uso», scrive l’autore napoletano di origine svizzera. Il bravo Raffaele Esposito, quindi, si sarebbe limitato a preparare per la regina tre pizze già diffuse in città e il suo merito sarebbe quello di averne battezzata una con il nome dell’augusta sovrana.
 
Dai ricettari di quell’epoca si apprendono altre cose interessanti sulla pizza. Per esempio che il pomodoro veniva messo sopra gli ingredienti, a coprirli e avvolgerli, e non steso sulla pasta con il resto della guarnitura collocato successivamente, come avviene oggi. Il medesimo De Broucard descrive anche la pizza piegata in due: «Talora ripiegando la pasta su se stessa se ne forma quel che chiamasi calzone.» Una preparazione, quindi, tradizionale almeno quanto quella della pizza aperta. Altra cosa: «il calzone si serve cosparso di una abbondante salsa bollente, fatta di pomodoro fresco a pezzi, olio, aglio, sale, pepe e origano», scrive la prima edizione della Guida gastronomica d’Italia, edita dal Touring Club Italiano, nel 1931. E questo per evitare che il raviolone di pasta si sgonfi miseramente non appena a contatto con la salsa di pomodoro fredda, come troppo spesso accade oggi.


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